Sedici tesi sul riformismo

Da Il Riformista del 28.07.2021.

ATTUALITÀ’ DEL RIFORMISMO

1) Nel ‘900 il termine riformista ha avuto un connotato prevalente: serviva a distinguere dai massimalisti e ovviamente dai conservatori, quali assertori del cambiamento attraverso riforme graduali, senza sconvolgimenti e violenza rispettando, come intangibili, le forme della democrazia politica. Non era solo una questione di metodo a distinguere riformisti e rivoluzionari. Al fondo dell’opzione riformista vi era l’assunzione della democrazia liberale e dell’economia di mercato come riferimenti orientativi dell’azione politica dei socialisti democratici.

2) Nella sinistra attuale questa distinzione che ha attraversato il secolo non ha più senso politico-culturale: il riformismo, cioè il metodo dell’azione politica in una democrazia liberale e in una economia aperta e di mercato, è la unica versione possibile del cambiamento. I riformisti hanno un atteggiamento contrario sia al pessimismo dei conservatori e alla pretesa che il mercato “miracoloso” risolva tutto, sia all’ottimismo facilone dei massimalisti. Il riformismo è di grande attualità, si propone di perseguire obiettivi di equità, pari diritti e opportunità per donne e uomini, cittadine e cittadini. Restringere la forbice delle diseguaglianze, accrescere la coesione sociale, stimolare lo sviluppo e l’innovazione, assicurare a tutti eguali condizioni di partenza e garanzie di sicurezza è la missione del riformismo.

3) Il pensiero riformista si è trovato per lungo tempo in condizioni di minorità rispetto ad altri indirizzi ideali. Caduto il fascismo, le grandi forze politiche egemoni in Italia furono il partito cattolico e il partito comunista. Tuttavia, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento, hanno avuto un ruolo nella vicenda politica e culturale del Paese, seppure da posizioni di minoranza, gruppi e personalità riformisti. Il riformismo sociale keynesiano, che faceva capo originariamente alla rivista”Cronache sociali” di Dossetti, Fanfani e Moro, che si estrinsecò con Pasquale Saraceno, favorevole all’intervento pubblico in economia; quello di ispirazione liberal-progressista di Adriano Olivetti, il cui sogno era una fabbrica a misura d’uomo; per altro verso quello degli “amici del Mondo”. L’incontro di queste ispirazioni con la cultura del socialismo riformista che ebbe grandi protagonisti in Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti fu all’origine della stagione del centro sinistra storico. Una esperienza non priva di risultati per il Paese, produsse un insieme di riforme e consentì l’emergere di una domanda di modernità e progresso civile. Dopo un lungo oblio il riferimento al riformismo fu riproposto da Bettino Craxi all’inizio degli anni Ottanta.

Il notevole contributo del Pci alla storia d’Italia, dalla Repubblica, alla Costituzione, al sorgere dello stato sociale, si collocò tuttavia a lungo nell’orizzonte della fuoriuscita dal capitalismo per edificare un altro sistema, quello socialistico. Questo rese difficile la unità dei riformisti. Unità che sarebbe stata essenziale per spingere in avanti il processo riformatore e contrastare i condizionamenti e le spinte a tornare indietro nella vita economica e civile del Paese. Spinte che si manifestarono durante la esperienza della collaborazione tra socialisti e cattolici e successivamente. Alla assunzione piena del valore del pensiero riformista e al suo arricchimento contribuiranno poi le componenti che nel Pci furono definite “miglioriste” e parte delle forze che, conclusa nel 1989 con il crollo del Muro di Berlino la storia del comunismo, si impegnarono alla costruzione di una nuova formazione politica della sinistra.

4) Riformista oggi rischia di diventare un’auto attribuzione se prescinde da riferimenti concreti agli specifici programmi e proposte per affrontare i problemi in cui si dibatte il Paese. Proposte e programmi dovrebbero essere il solo terreno per misurare incontri, convergenze, alleanze. In mancanza di ciò prevale l’uso astratto del termine riformista: un uso ideologico (che pretende di definire appartenenze) senza più l’ideologia. Questo svilimento del termine riformista, la perdita dei suoi contenuti concreti e di riferimento a riforme individuabili, si tenta di arginarlo con il ricorso alla retorica e alle aggettivazioni. Che non aggiungono chiarezza, ma solo alimentano il nominalismo e la confusione. Che cosa è, per esempio, un riformismo radicale? Una formula spesso utilizzata solo per alludere a presunti contenuti di maggiore profondità o antagonismo delle riforme proposte. Priva di senso, perché le riforme sono sempre quelle possibili e
compatibili con la sostenibilità dell’economia e delle libertà, si giudicano sulla base degli effetti che producono, sono realizzabili sulla base di una reale cultura di governo.

CEDIMENTI POLITICI E CULTURALI DEL PARTITO DEMOCRATICO AL GRILLISMO; CADUTA DEL GOVERNO CONTE: ERRORI, LIMITI E PERICOLOSI SBANDAMENTI IN POLITICA ESTERA, NON COMPLOTTI

5)Nella fase precedente all’attuale segreteria di Enrico Letta, è cresciuto nel Partito democratico il peso delle componenti più vicine al grillismo. È appena il caso di ricordare il cedimento su punti qualificanti, dalla giustizia a quota 100, dal gigantesco fallimento del reddito di cittadinanza con i suoi “navigator” al temporeggiare su tutto ciò che riguardava l’immigrazione a cominciare dai decreti sicurezza, al rinvio nella utilizzazione del Mes. In quanto al taglio dei parlamentari la condotta del Pd è risultata improvvida. Il “Si“ poteva avere senso solo in un contesto di riforme che lo avesse alleggerito del segno demagogico e antipolitico che aveva connotato dall’inizio la iniziativa dei grillini. Un impianto programmatico e culturale che ha rischiato di rendere sempre più flebili contatti e relazioni del Pd con mondi produttivi, settori moderni della società italiana, territori propulsivi della economia, generazioni più aperte.

6) La trasformazione del rapporto con il grillismo da incontro reso necessario per contrastare il disegno reazionario di Matteo Salvini, ad una alleanza strategica, rischia di assumere i caratteri di un blocco politico che non può presentarsi con una caratterizzazione riformista. Sul piano politico questa opzione strategica si è tradotta nei mesi scorsi in una sorta di mandato in bianco al presidente Conte. Nella seconda metà del 2020 sono tuttavia apparsi evidenti i limiti e gli errori gravi del governo sia nella gestione della pandemia che nella politica economica e soprattutto nell’elaborazione del Recovery Plan. Di qui la sua crisi.

SCONFITTA DEL POPULISMO E DEL SOVRANISMO, NASCE IL GOVERNO DRAGHI

7) Il populismo e il sovranismo hanno tentato, negli ultimi anni, di introdurre cambiamenti illiberali del nostro ordinamento e una revisione della storica collocazione europeista ed atlantica del Paese. Alla prova del governo, sono stati essi a franare, a collassare, a perdere i propri connotati antagonisti e a dover intraprendere un faticoso e, allo stato, impervio processo di revisione e re-identificazione.

8) Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella dopo la manifesta incapacità delle forze che sostenevano Conte di giungere ad una nuova intesa, dando l’incarico a Draghi per un governo di salute pubblica ha evitato che il paese venisse a trovarsi in una drammatica impasse nel pieno della crisi epidemica. Costituisce una manifestazione di avvilente regressione politica e culturale ritenere che la crisi del governo Conte sia il risultato di un disegno messo in atto da non precisate “élite” nazionali ed internazionali. Il governo Conte, lo ripetiamo, è caduto per errori e limiti nella sua condotta e per oscillazioni pericolose sul tema della collocazione internazionale dell’Italia.

9) Il governo Draghi offre la occasione -se sarà colta- per fuoriuscire da uno stato di eccezione, quello degli anni del populismo e del sovranismo. La nostra democrazia, al termine dell’esperienza del governo unitario guidato da Mario Draghi, è auspicabile si riassesti sui binari della competizione bipolare tra centrodestra e centrosinistra. I termini della dialettica politica tra i grandi schieramenti e le coalizioni in campo dovrebbero tornare ad essere, messa sotto controllo la pandemia, le risposte ai due grandi problemi della democrazia italiana: la debolezza dei governi e l’esiguità della crescita economica. Sul primo punto occorre consapevolezza che il sistema politico-istituzionale non consente più di attivare in modo efficace, all’altezza del compito, la “funzione governo”. I tre anni ultimi della legislatura in corso ne sono stati la dimostrazione estrema e parossistica. Senza un convinto e tenace impegno riformista sul terreno istituzionale da parte della sinistra, la crisi in cui l’Italia si trova da tempo non si risolve e si aggrava continuamente.
Per correggere la fragilità italiana sul terreno economico occorrono le riforme (fisco, spesa pubblica, mercato del lavoro, pubblica amministrazione, giustizia, investimenti nella tecnologia, nella ricerca, nelle grandi opere pubbliche, nelle infrastrutture digitali, nella sanità, nei trasporti, nella formazione). Sono quelle che chiede l’Europa. Sono quelle di cui ha bisogno il nostro Paese. Alcune di esse come la riforma della pubblica amministrazione sono indispensabili per realizzare gli impegni italiani per la transizione ecologica o energetica: una grandissima sfida riformista che misurerà la capacità dei Paesi a competere nella innovazione e nella individuazioni delle soluzioni possibili nel campo della mobilità sostenibile, del cambio di infrastrutture e sistemi produttivi. È il caso di tenere ben presente il modo in cui gli Stati Uniti di Biden si dispongono ad affrontare l’impresa. Nelle scelte della nuova Amministrazione statunitense la forte ambizione ambientalista si accompagna alla razionale attenzione alle ragioni della crescita e della occupazione e alla necessità di tenere conto di entrambe le esigenze e del loro combinarsi.

MESSA IN SICUREZZA DALLA PANDEMIA; ATTUAZIONE DI ALCUNE CRUCIALI RIFORME

10) Nei mesi che separano dalla elezione del presidente della Repubblica tre sono gli obiettivi di fondo della azione del governo: la vaccinazione degli italiani e la loro messa in sicurezza dalla pandemia e dalle sue varianti, l’avvio a realizzazione del Pnrr, la concreta attuazione di alcune cruciali riforme. L’Italia che a causa dei dissensi sulla predisposizione del Piano ha vissuto una crisi di governo alla fine è riuscita a rispettare la tempistica europea. Occorre ricordare a tutti e in particolare al leader della Lega Matteo Salvini, che la parola chiave del Recovery Plan è Riforme. Quelle previste dal Pnrr presentato dal governo italiano riguardano la Pubblica amministrazione, la giustizia, la semplificazione, la concorrenza e il fisco.

11) Su cinque questioni in particolare vorremmo soffermarci considerandole centrali nell’impegno riformista nei prossimi mesi:

a) Giustizia. La revisione della giustizia penale approvata dal Consiglio dei ministri su proposta della ministra Cartabia rappresenta un importante risultato delle forze che si battono da anni contro il populismo penale e il verbo giustizialista (che hanno trovato nell’ex premier Giuseppe Conte l’autentico continuatore), per una riforma del sistema giudiziario italiano nell’ottica liberale di un equilibrio dei poteri. Occorrerà procedere nella riforma del CSM prevedendo sistemi di elezioni che superino il ferreo dominio delle correnti il cui ruolo è positivo solo se esprimono un pluralismo di culture giuridiche e affrontare coraggiosamente il tema della separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. In questo quadro, i referendum radicali che in diverse occasioni hanno svolto un ruolo positivo di sollecitazione e di stimolo per le riforme, ancora una volta possono farlo. Essi consentono, su temi delicati, che posizioni distanti dal punto di vista politico possano convergere nella battaglia riformatrice.

b) Istituzioni. La sinistra riformista oltre a definire con chiarezza l’insieme delle riforme e delle innovazioni che si propone di mettere in atto, deve esprimere nel modo più netto la necessità di riforme istituzionali che ricostituiscano in Italia le basi – oggi compromesse – per la possibilità stessa del governare. Per far fronte ad un compito tanto impegnativo devono essere chiamate alla responsabilità tutte le forze della democrazia italiana, anche quelle che contendono il governo alla sinistra. Si tratta di definire un nuovo circuito plausibile ed efficace che colleghi l’espressione della volontà dei cittadini attraverso il voto con l’indirizzo e la costituzione del governo. Farlo senza cedimenti plebiscitari, tutelando la funzione della rappresentanza come quella dei soggetti politici che alimentano e interpretano il pluralismo senza il quale la democrazia si impoverisce e deperisce. Ma farlo affidando alla decisione dei cittadini un peso dirimente ai fini dell’indirizzo e della responsabilità del governo nel periodo che va da una elezione all’altra. In questo quadro vanno realizzate la riforma dei regolamenti parlamentari, la riforma del titolo V della Costituzione la cui necessità è stata messa in evidenza da ciò che è accaduto nel corso della pandemia, va introdotta la “fiducia costruttiva”.

c) Sanità. Costituisce una grande esigenza nazionale da soddisfare la riorganizzazione della sanità nel nostro Paese alla luce di quanto emerso nei mesi drammatici del Covid. Nei primi dieci anni del secolo il finanziamento della sanità pubblica si è ridotto; è stata sottovalutata la necessità, in particolare nelle regioni meridionali, di un miglioramento di strutture e servizi. Oggi è indispensabile incrementare le risorse stanziate nel PNRR per la sanità. ll punto non è smantellare la sanità regionale ma è avere un sistema centrale in grado di fissare target e obiettivi e capace di commissariare le regioni inadempienti.

d) Mezzogiorno. La sfida al dualismo era il tratto distintivo della migliore politica italiana. Quella che fondava la propria iniziativa sulla convinzione che l’unità più salda dell’Italia sarebbe nata dal superamento del dualismo, dal mettere fine ad una storica arretratezza delle regioni meridionali. La sfida al dualismo deve tornare ad essere un elemento centrale nel confronto politico e culturale nel nostro Paese.
In uno scenario internazionale profondamente mutato e investito da processi globali occorre pensare al Mezzogiorno come la piattaforma logistica dell’Europa in un Mediterraneo che, con il raddoppio di Suez torna una rotta centrale nei traffici internazionali. A questa strategia è interessato il sud che non induce a un rivendicazionismo deteriore ma chiede investimenti per accrescere l’offerta di beni pubblici di base, la giustizia, la formazione, la sicurezza, e insieme investimenti pubblici per accrescere il patrimonio di infrastrutture materiali e immateriali. Ciò che si richiede in altri termini è un impegno costante – una strategia – capace di aiutare efficacemente nuove classi dirigenti delle regioni meridionali a valorizzare quelle risorse locali che ci sono e che sono gravemente sottoutilizzate: i beni culturali e ambientali, le conoscenze scientifiche racchiuse nelle università, il saper fare diffuso in agricoltura, elementi essenziali di un patrimonio che va messo a valore nelle città del Mezzogiorno.

e) Immigrazione. I flussi sono in aumento dall’inizio del 2020 anche a causa della diffusione della pandemia. La questione nasce e si sviluppa a partire dall’Africa sub-sahariana. Negli ultimi mesi centinaia di migranti sono scomparsi nelle acque del Mediterraneo al largo della Libia. L’Italia non può permettersi di ignorare le richieste di soccorso che arrivano dal mare né può affidare i salvataggi esclusivamente alla Guardia costiera libica perché significherebbe, come dimostrano i rifiuti a salvare barche in difficoltà, essere ostaggi dei loro ricatti e della loro incompetenza. A fronte di questa complessa e drammatica realtà, come ha affermato il presidente del Consiglio, la politica sull’immigrazione del governo deve essere equilibrata, efficace ed umana. Questo comporta una incisiva iniziativa diplomatica verso i paesi di partenza per ottenere una collaborazione più efficace nel controllo delle loro frontiere marittime e terrestri e nel contrasto delle organizzazioni dei trafficanti. Vanno rafforzati gli sforzi sul fronte dei rimpatri volontari e assistiti con la collaborazione delle agenzie delle Nazioni Unite. È necessario quindi lavorare alla stipula di intese bilaterali con i paesi di origine e di transito dei flussi. Adoperarsi perché le autorità libiche consentano alle agenzie delle Nazioni Unite e ai rappresentanti della Unione europea di controllare la gestione dei campi di accoglienza dei migranti per scongiurare forme di violenza e di prevaricazioni nei loro confronti. Decisivo è rilanciare l’accordo di Malta del 23 settembre del 2019. Esso prevede un “meccanismo temporaneo di solidarietà” per la redistribuzione dei migranti che giungono via mare in tutta l’Unione europea. Notevoli sono state le resistenze verso quest’accordo: per molti Stati l’accoglimento di migranti deve restare volontario. Questo rende del tutto potenziale la solidarietà prevista nella intesa di Malta. Intesa che, tra l’altro, la pandemia ha praticamente bloccato. Si tratta di riprenderne i contenuti e di applicare con regolarità questa forma di cooperazione. Necessario resta la riforma del regolamento Dublino con il superamento della regola del Paese di primo ingresso che rovescia sui paesi dell’Europa meridionale la responsabilità dell’accoglienza.

Queste scelte andranno collocate in un quadro assai chiaro di politica estera. Da un lato una rinnovata solidarietà occidentale favorita dagli indirizzi della Presidenza Biden; dall’altro, un impegno per costruire una Europa dotata di una politica estera e di sicurezza comuni e da una politica economica orientata verso la crescita. Un quadro in cui la politica europea sia caratterizzata da una netta differenziazione dagli Stati che conducono politiche illiberali e da una capacità di contrasto a “rivali sistemici” come le autocrazie russa e cinese.

I RIFORMISTI PER IL GOVERNO DELLA GLOBALIZZAZIONE E UNA POLITICA ECONOMICA CHE STIMOLI LO SVILUPPO, L’ INNOVAZIONE E LA CRESCITA

12) Il grande cambiamento indotto dall’estendersi tumultuoso del processo di globalizzazione ha dilatato le disuguaglianze che nei paesi sviluppati avevano conosciuto una riduzione nei decenni del dopoguerra, ha eroso le sicurezze collettive, ha messo in questione i diritti accumulati nel corso dei“trenta gloriosi”. La sinistra non è riuscita ad affrontare questo passaggio cruciale nella storia del capitalismo, a costruire un“blocco sociale” nuovo, più largo, capace di saldare i ceti medi con la tradizionale rappresentanza di ceti popolari, di tenere insieme le ragioni dei diritti e quelli dello sviluppo economico nell’epoca in cui a prevalere è il gioco duro della globalizzazione. Nel corso degli ultimi due decenni sono emersi e si sono imposti nuovi diritti individuali: conseguenza di eventi che hanno mutato il panorama esistenziale, emotivo e immaginario degli uomini, si pensi all’impatto delle biotecnologie e al sorgere della bioetica. Una forza di sinistra non può sottrarsi alla ricerca su come governare responsabilmente e razionalmente un tale fenomeno cogliendo le potenzialità di nuove libertà che maturano.

13) La critica da rivolgere alla sinistra è che essa ha stentato a capire che nel mondo in movimento in cui viviamo se non si producono le risorse necessarie è del tutto impossibile tutelare il complesso dei diritti: alla salute, alla istruzione, ad una vita dignitosa, alle prestazioni previdenziali ecc. Ecco perché la questione della crescita è decisiva. Ed è su questo punto che la sinistra non ha saputo battersi. Una questione che riguarda la sinistra europea nel suo complesso: la stessa transizione ecologica o energetica (decarbonizzazione) sarà impossibile se l’economia europea entro il 2025 non fuoriesce dalla crescita debole. In Italia, più che inseguire 5Stelle il Pd avrebbe dovuto concentrare la propria iniziativa nella promozione di investimenti pubblici e privati, di infrastrutture e occupazione nel Sud, nella qualificazione della spesa pubblica, riduzione del debito, aumento dei salari.

TRAGICO ERRORE POLITICO LEGARE LE SORTI DELLA SINISTRA AL CARRO DI BEPPE GRILLO E GIUSEPPE CONTE: SI CONDANNA IL CENTRO SINISTRA ALLA SCONFITTA

14) Per un centro sinistra impegnato a portare avanti la strategia delle riforme, per una coalizione che si ispiri all’europeismo e faccia del garantismo una propria battaglia è indispensabile l’apertura a nuovi apporti ed energie politiche.

Presentarsi ad un Paese che cerca di risalire la china sulla base di un piccolo e confuso agglomerato politico Pd-M5s non condurrebbe molto lontano. Assistiamo in queste settimane alla caduta nel nulla di un movimento, quello grillino, che ha travisato le istituzioni, ha introdotto odio giustizialista e violenza parolaia in un tessuto politico e civile già indebolito. Difficile che qualcosa o qualcuno risorga dalle macerie in cui si consuma il populismo grillino.

È stato un tragico errore politico aver pensato di legare la sorte della sinistra e del Pd al carro di Grillo e Conte. Quest’ultimo mosso da una parzialità fanatica verso il governo Draghi fino al punto di schierarsi contro le proposte di riforma della giustizia penale avanzate dalla ministra Cartabia.

UNA BATTAGLIA POLITICA E CULTURALE NEL PD PER RILANCIARE IL SUO PROFILO DI FORZA RIFORMISTA E CENTRALE NELLA VICENDA POLITICA ITALIANA

15) Una delle conseguenze più gravi di questa condotta è l’ambiguità con cui il Pd guarda al governo Draghi. Culturalmente penoso è il grossolano tentativo compiuto da settori non irrilevanti del Pd di trasformare il governo Draghi, reduce da una intesa con le parti sociali sulla delicata questione della durata del blocco dei licenziamenti, in un esecutivo di destra, preda del demone neoliberista. Una condotta infelice, una manifestazione di pigrizia mentale che consente alla Lega di Salvini di “intestarsi in modo strumentale” l’operato e i risultati della azione del governo.

In questa situazione, sarebbe importante se si aprisse una battaglia politica nel Pd tesa al mutamento della attuale linea politica, per rilanciarne il ruolo sulla base di un chiaro indirizzo riformista: un partito democratico che sostenga senza ambiguità la concreta azione del governo Draghi, ne assuma la agenda politica e programmatica e su queste basi si prepari ad affrontare le difficili prove politiche ed elettorali che si annunciano.

POSITIVO IL SORGERE DI UN SOGGETTO POLITICO LIBERALE ED EUROPEISTA

16) Consideriamo inoltre un fatto positivo che, anche alla luce del collasso del M5S, maturi una soggettività politica liberale, europeista, organicamente riformista attenta alle questioni dello sviluppo economico. Potrebbero riconoscersi in essa energie politiche e culturali provenienti dalla società civile, dal campo delle professioni, degli studi, del lavoro.

Un soggetto politico con tali caratteristiche potrà emergere sulla base di una mobilitazione di interessi e di energie sociali e anche con la iniziativa di forze di cultura liberaldemocratica, radicale e socialista presenti oggi nella vicenda politica italiana. A questo processo, chi ha a cuore le sorti del centro sinistra, non potrà che guardare con interesse. Altresì importante appare la crescita di un civismo che parli agli interessi più direttamente percepiti dalla gente. Un civismo autonomo dai conflitti di interesse, dagli schematismi ideologici, dalla ripetitività burocratica: una dimensione civica che cresca in piena autonomia.

Fabrizio Cicchitto,
Bobo Craxi,
Biagio De Giovanni,
Mauro Del Bue,
Ercole Incalza,
Alberto Irace,
Andrea Manciulli,
Maria Rosaria Manieri,
Biagio Marzo,
Gianvito Mastroleo,
Riccardo Nencini,
Bruno Pellegrino,
Claudio Petruccioli,
Sergio Pizzolante,
Gianfranco Polillo,
Umberto Ranieri,
Claudio Signorile